Antonio Gramsci, dal liberalismo al "comunismo critico" [diorama.it]

DIORAMA

Mensile di attualità culturali e metapolitiche

diretto da Marco Tarchi


    Diorama è anche su Telegram

Logo Diorama Vintage

Antonio Gramsci, dal liberalismo al "comunismo critico"

  Fra le interpretazioni del pensiero gramsciano incentrate sul suo presunto superamento del materialismo storico, Losurdo discute ampiamente quella di ...

Fra le interpretazioni del pensiero gramsciano incentrate sul suo presunto superamento del materialismo storico, Losurdo discute ampiamente quella di Augusto Del Noce, che ne ll suicidio della rivoluzione (Rusconi, Milano 1978) vede in Gramsci l'influenza determinante della filosofia di Giovanni Gentile. Per il filosofo cattolico, comunismo gramsciano e fascismo costituiscono i due sviluppi coerenti e apparentemente contrapposti dell'attualismo gentiliano; o anche, secondo la versione riportata da Losurdo, due diverse espressioni della medesima " nietzscheana volontà di potenza ". Domenico Losurdo, Antonio Gramsci, dal liberalismo al "comunismo critico", Gamberetti, Roma 1997, pagg. 259, lire 29.000.

 

I principali esponenti del socialismo italiano, sia della fazione riformista che di quella massimalista, giudicarono la pubblicistica e l'elaborazione teorica del gruppo de " L'ordine nuovo " così intrise di bergsonismo e di volontarismo da accusare i suoi protagonisti di essere fuoriusciti dai canoni del materialismo storico. Lo stesso Mussolini, per quanto già acquisito a ben altre avventure e ambizioni, si sentì in dovere di precisare che i comunisti avevano preso troppo sul serio il suo bergsonismo. In realtà, scrisse Togliatti nel 1925 (La nostra ideologia), dietro a un'accusa tanto infamante vi era soltanto una " leggenda ": solo a coloro che, come i socialisti italiani, erano portatori di un marxismo talmente incrostato di positivismo da essere la caricatura di se stesso, la produzione ideologica del gruppo torinese poteva apparire contaminata da elementi idealistici. La proposta di organizzare il partito a cominciare dal luogo di produzione, sosteneva il futuro capofila dei comunisti italiani, portava invece assai lontano da simili deviazioni.

Sul senso e la legittimità di questa argomentazione a difesa dell'ortodossia di Gramsci e compagni conviene Domenico Losurdo in questo suo recente saggio sul pensiero del comunista sardo. Senza tener conto della degradazione positivistica della cultura dei socialisti italiani - che vuoi dire determiniamo dogmatico, meccanicismo ingenuo, naturalismo: elementi sui quali, per dirla con Togliatti, prosperava solo il riformismo " traditore e bottegaio " - nonché del contesto storico costellato da eventi eccezionali, si rischia di scambiare l'accentuazione gramsciana dei momenti della coscienza, della volontà e della 'prassi per un distacco e un oltrepassamento del marxismo, così come hanno fatto non pochi interpreti del suo pensiero, che hanno attribuito questa presunta eterodossia all'influenza di questo o quell'autore esterno al marxismo e al socialismol.

Fra le interpretazioni del pensiero gramsciano incentrate sul suo presunto superamento del materialismo storico, Losurdo discute ampiamente quella di Augusto Del Noce, che ne ll suicidio della rivoluzione (Rusconi, Milano 1978) vede in Gramsci l'influenza determinante della filosofia di Giovanni Gentile. Per il filosofo cattolico, comunismo gramsciano e fascismo costituiscono i due sviluppi coerenti e apparentemente contrapposti dell'attualismo gentiliano; o anche, secondo la versione riportata da Losurdo, due diverse espressioni della medesima " nietzscheana volontà di potenza ". I due totalitarismi, entrambi legati a un'apologia del primato del divenire sull'essere, rappresentano le forme compiute del nichilismo dell'era moderna,. In realtà, obietta il docente dell'ateneo di Urbino, questa dimensione di " fervore attivistico " che Del Noce attribuisce al comunismo gramsciano e al fascismo è una costante trasversale di tutte le ideologie del tempo, correlata a eventi eccezionali quali la guerra, la mobilitazione bellica e la rivoluzione russa. In questo clima va letto l'autoprociamarsi " gentiliani " degli ordinovisti; una scelta che, lungi dal poter essere assunta a prova di precise e decisive influenze del filosofo dell'atto puro, va piuttosto considerata una ricerca di legittimazione filosofica del proprio bisogno d'azione da parte di un gruppo di intellettuali insofferenti di quell'immobilismo perdente che massimalisti e riformisti avevano imposto al partito e alle organizzazioni dei lavoratori. Le. filosofia di Gentile era insomma chiamata in causa in quanto negazione di ogni paralizzante determiniamo, e non va scordato il fatto che egli aveva offerto un'interpretazione di Marx ben superiore, agli occhi di Gramsci, a quelle proposte da molti marxisti ufficiali. Il richiamarsi all'attualismo era il corrispettivo, nell'italia dell'epoca, del ricorrente ritorno del fichtismo in tutte le fasi storiche intrise di fermenti rivoluzionari -- si pensi al clima del 1848 -, che trovavano sempre spiriti inquieti pronti ad abbracciarlo in quanto " mistica dell'azione -.

Ciò non significa che Losurdo neghi influenze, anche forti, sia di Gentile che di Croce sulla formazione del pensiero di Gramsci. Anzi, secondo la sua condivisibile ricostruzione, nonostante avesse precocemente abbracciato la causa delle classi subalterne, questi trovò proprio nelle due massime autorità filosofiche del tempo i suoi principali referenti culturali. Da giovane, si identìficava nel loro liberalismo e nel loro hegelismo, assunti a rappresentanti del mondo storico della modernità che si opponeva al Sillabo antimodernista di Pio IX e all'influenza che la Chiesa cattolica esercitava ancora largamente sulla società italiana e in particolare sulla sua componente contadina. In Croce, egli trovò poi una riflessione sulla questione meridionale ben più profonda di quelle di. molti autori socialisti imbevuti di positivismo, che del mancato sviluppo del Sud davano spiegazioni di tipo naturalistico e razziale (i meridionali d'Italia come popolo ozioso). Inoltre, per quanto entrambi fossero stati interventisti, trovò nell'analisi dell'evento bellico sviù luppata dai due filosofi idealisti argomenti ben più plausibili delle varie mitologie della guerra, intesa come scontro tra razze, culture o anime nazionali, che allora spopolavano sia a destra che a sinistra. A r prova del liberalismo tutt'altro che meramente strumentale e superficiale di Gramsci, Losurdo ricorda che egli e Togliatti criticarono la, " statolatria " (" residu di o un vecchio Dio ", la definì il secondo) di Gentile e di Croce, che li avrebbe portati a legittimare gli orrori del primo conflitto mondiale proprio in nome dei presupposti liberali e antimetafisici del loro pensiero. t!idea di un " esordio liberale " di Gramsci è sostanzialmente corretta. A patto di ricordare che elementi profondi di liberismo (l'antiprotezionismo) e di antistatalismo di marca anarcosindacalista erano parte integrante del movimento operaio nella sua fase eroica E che comunque, come è stato rimarcato in uno dei libri più belli dedicati al pensatore sardo (Franco Sbarberi, Gramsci: un socialismo armonico, Angeli), due sono le idee di socialismo che si sovrappongono contraddittoriamente nel suo pensiero giovanile: " da un lato una visione libertaria e antistatalista dei processi di emancipazione individuali e collettivi innescati dalla classe operaia; dall'altro una concezione totalizzante della città "futura", che tende irresistibilmente a un nuovo "ordine" e "disciplina" ". Residui di liberìsmo sindacai-rivoluzionario rimarranno sempre sia in Gramsci che in Togliatti: si pensi al loro orrore per la proliferazione della burocrazia (non importa se di marca - socialfascista " o fascista) indipendentemente e indifferentemente dai contenuti nuovi che essa poteva assumere, ad esempio collegandosi alle prime prestazioni previdenziali e assistenziali per i lavoratori salariati.

Ricostruiti gli aspetti liberali della fase giovanile, il libro ripercorre poì il progressivo distacco di Gramsci dalla filosofia di Croce e di Gentile e dalla cultura liberale nel suo complesso, che non sfocia però in un semplice rifiuto. Il " comunismo critico " elaborato da Gramsci si pone infatti, secondo Losurdo, il problema dell'" eredità ", che significa portare a compimento quanto di più alto ha prodotto e pensato la modernità borghese, compresi i principio dell'Ottantanove e il liberalismo inteso come " funzione liberatrice " (si veda lo scrìtto di Togliatti Che cos'è il liberalismo?, del 1919). Su questo punto, dissentiamo. Non ci pare che i vaiorì di fondo, o pretesi tali, del liberalismo - - l'individualismo, il pluralismo, la sperimentazione continua - trovino cìttadinanza nel pensiero drganicistico maturo di Gramsci. Essi hanno sì, a suo avviso, svolto una funzione transitoriamente positiva come causa ed effetto della dissoluzione delle verità dogmatiche della religione, ma sono inevitabilmente destinatì a cedere spontaneamente il passo alla filosofia " vera " e totalitaria elaborata dagli intellettuali organici della classe operaìa, capace di far transitare l'umanità verso una società disalienata e armonica dove ognuno sperimenterà la libertà come autodisciplina consapevole e spontanea dedizione alla totalità sociale, che er il soreliano Gramsci si configura come un'officina planetaria socializzata. Fra l'altro, per suffragare la sua interpretazione, Losurdo riporta articoli di Togliatti in cui si sostiene che, se lìberali e liberisti fossero coerentì con ì loro presupposti ideali, converrebbero con i socialisti sull'opportunità di abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione: ipotesi che nessun liberale, neanche quello più sensibile alla questione della giustizia sociale, potrebbe sottoscrivere.

La modernità borghese, che indubbiamente il pensiero gramsciano accoglie positivamente, significa essenzialmente un'industrializzazione che demolisce I'" idiozia del mestiere " e strappa uomini e donne all'oscurantismo della vita dei campi. Significa un dominio tecnico, cioè concreto, dell'uomo sulla natura, che prende il posto delle soluzioni " allucinatorie " di stampo magico e religioso. In questo senso la modernità borghese appare a Gramsci un " progresso morale "; il lavoro industriale, spingendo gli uomìni a dominare la componente dell'" animalità ", costituìsce già di per sé, a suo avviso, una sfera di eticità. Il che colloca questa riflessione, come sostiene Losurdo, in una posizione distante dalle tendenze meSsianíche ed escatologiche presenti nel marxismo (si pensì a Bioch o al giovane Lukács) che consideravano la modernìtà borghese come " il regno della peccaminosità compiuta ", una sorta di anticamera infernale della liberazione finale e totale. Anche se come ha insìstentemente sottolineato nei suoi scritt in argomento Luciano Pellicani, la prospettiva socialista gramsciana è più dominata dall'aspettativa della " redenzione " della condizione delle masse lavoratrici che da quella, storicamente vincente nella tradizione riformista, di una sua continua " emancìpazione ".

In conclusione, la tesi di Losurdo di una sostanziale, seppur critica e creatìva, ortodossia marxista di Gramsci ci pare condivisibile; almeno nel senso che quest'ultimo non fu più "eretico" di tutti coloro che, a cominciare dallo stesso Marx negli aspetti più miíìtantì del suo pensiero, si posero concretamente il problema della presa rivoluzionaria del potere in società nelle quali, diversamente dalla previsione marxiana, il proletariato ìndustrìale non rappresentava affatto la maggioranza della popolazione. All'autore si può semmai rimproverare di aver trascurato quelle parti dell'opera di Gramsci nelle quali emerge innegabilmente una sorta di idealismo ingenuo e sconcertante: si pensi all'dea secondo cui l'officina fordista, una volta abolita la proprietà privata dei mezzi di produzìone, si sarebbe trasformata da luogo di dissoluzione in luogo di realizzazione per tutti i lavoratori.

Un'ipotesì dìpendente da una sostanzìale incomprensione degli effetti che il capitalismo andava esercitando sulla società e sull'immaginario collettivo.





Autore:
Foto:
Rivista:
Fonte: https://
Data pubblicazione: 17 luglio 2007

Designed by BootstrapMade - VAT IT-06451930967

Per iscriversi alla newsletter di Diorama:

25