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Mensile di attualità culturali e metapolitiche

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  LABORATORIO  Prosegue, nel circuito massmediale italiano, il dibattito sull'identità e sul futuro politico e culturale dell'area abitualmente definita "di destra". Riportiamo due recenti ...

 

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Prosegue, nel circuito massmediale italiano, il dibattito sull'identità e sul futuro politico e culturale dell'area abitualmente definita "di destra". Riportiamo due recenti interventi in proposito del nostro direttore che, essendo comparsi su pubblicazioni a circolazione limitata, sono probabilmente ignoti a chi ci legge. Il loro interesse, a nostro avviso, é dovuto al fatto che si tratta di punti di vista espressì in forma diretta e riprodotti su fogli destinati al pubblico interno ad Alleanza nazionale, e che dunque non risentono nè di manipolazioni giornalistiche nè della necessità di digressioni esplicative per i non addetti ai lavori. Il primo é un'intervista concessa al mensile udinese "Friuli Europeo" (n. 3, dicembre 1997), il secondo un articolo richiesto dalla rivista " Charta minuta", diretta da Adolfo Urso, per il suo numero 3 (gennaio 1998), un fascicolo monografico dedicato all'ipotes¡ di un "Polo Nord", ovvero alle prospettive dei rapporti politici fra centrodestra e Lega.

Le destre, la cultura e la politica.

Partiamo da un quadro generale. Qual é la temperatura del dibattito culturale oggi in Italia ? C'é fermento o aria di regime?

Se intende riferirsi alla cultura politica, il panorama é piuttosto desolante. Una quindicina di anni orsono, benchè i luoghi di riproduzione del potere ideologico (università, case editrici, redazionì giornalistiche, mezzi audiovisivi) fossero colonizzati dall'intelligencija marxista, si moltiplicavano i segni di insofferenza e gli episodi di "eresia". Si lanciavano segnali trasversali, le logiche di schieramento scricchiolavano:

studiosi che avevano una formazione di sinistra scoprivano grandi autori del "pensiero reazionario", come Schmitt o Juenger, i giovani cattolici di Comunione e Liberazione si appassionavano alle riflessioni di Del Noce, la Nuova Destra faceva i conti con i situazionisti o con la "controcultura" nata dalle ceneri del '68. C'era un palpabile desiderio di capire, confrontarsi, sfidarsi in campo aperto. Ora tira un forte vento di conformismo: ci si racchiude in quel che re sta dì antiche appartenenze, uscendone solo per rendere omaggio, più o meno ipocritamente, al nuovo tabù del liberalismo. Dirsi liberali é diventato un obbligo sociale, un certificato di rispettabilità: chi non getta un granello d'incenso sull'altare di questo nuovo pensiero unico, é votato allo scandalo e all'emarginazione. In queste condizioni, non é facile seminare fermenti originali.

Lei é sempre stato una voce fuori dal coro. Qual é I etichetta che si dà? Qual é la sua posizione?

Non mi dò alcuna etichetta, e cerco di sbarazzarmi di quelle che mi vengono assegnate da altri, in genere poco al corrente di ciò che penso. Attraverso le riviste che dirigo (" Diorama " e " Trasgressioni "), una piccola casa editrice (Akropolis), un centro di diffusione libraria (la Cooperatìva La Roccia di Erec), alcuni interventi giornalistici e le occasioni di confronto pubblico che mi vengono offerte, mi sforzo di far circolare idee il cui radicamento nella mentalità collettiva, a mio parere, renderebbe migliore il mondo in cui viviamo. Elencarle tutte sarebbe lungo; mi li mito all'essenziale: il diritto alla specificità di tutti i Popoli e di tutte le culture, il primato del legame sociale sulle pulsioni individualistiche, la valorizzazione delle differenze in un contesto democratico, un solidarismo ispirato al concetto di comunità nei rapporti interpersonali, il senso di appartenenza e di identità collettiva, la giustizia sociale intesa come equa distribuzione di risorse.

Che cosa significa, secondo Lei, essere di Destra?

Destra e sinistra non sono categorie metafisiche, nè concetti in grado di rendere più comprensibili i conflitti fondamentali che attraversano le società moderne. Sono contenitori arbitrari di sensazioni, opinioni, luoghi comuni; costruzioni convenzionali delle quali molti si servono per non sentirsi spaesati in mezzo ai tanti messaggi e problemi dai quali siamo investiti. Se non si cede alla retorica dell'appartenenza, ci si rende conto che, nel corso di una giornata, sulle tante questioni che ci troviamo ad affrontare o a commentare ciascuno di noi assume, caso per caso, posizioni che potrebbero essere definite più "di destra" o più "di sinistra". Quindi, in primo luogo non ha senso sentirsi genericamente di destra: di destre ce ne sono molte e diverse l'una dall'altra. Che cosa hanno in comune un nemico della modernità che si richiama al tradizionalismo integrale, un conservatore che guarda al liberismo thatcheriano o un piccolo borghese xenofobo e reazionario. Certo, tutti costoro possono richiamarsi in astratto a certi principio (culto del le famiglia, amor di patria, propensione per il binomio legge-e-ordine, concezione gerarchica della società), ma quel che li divide non é meno importante di quanto li unisce.

Che cos'é la cultura di Destra? E la cultura di Sinistra ?

Nel quadro ora descritto, si possono distinguere le culture corrispondenti alle varie accezioni dei concetti di destra e di sinistra per la tendenziale accentuazione di alcune priorità rispetto ad altre. Le culture "di destra" in genere pongono l'accento sul primato dell'individuo, o della persona, sulla società, e quelle di sinistra fanno il contrario. Le prime sono portate ad enfatizzare la necessità dell'ordine in qualunque collettività organizzata, le seconde quella della giustizia.

Da una parte si tende a diffidare del culto dei progresso e delle sue manifestazioni sul piano del costume e dello sviluppo tecnologico; dall'altra si é osti li al mito della conservazione e si critica l'eccessivo attaccamento alle tradizioni. Ma non é difficile vedere che molti fenomeni politici e culturali si sono collocati in posizione trasversale rispetto a questi confini

un pò posticci. Per dirla in sintesi: la contaminazione di entrambe con la modernità rende impossibile fare di destra e sinistra due tipi ideali radicalmente opposti e distinti. Me ne dolgo per chi é abituato a ragionare per schemi.

Cultura di Destra e Destra politica sono spesso in contrasto. Si dice: " i politici devono fare politica, gli intellettuali cultura ". E veramente così? 0 i due piani si possono riavvicinare, integrandosi e ascoltandosi a vicenda ?

Per le ragioni accennate, ognuna delle tante destre esistenti o possibili ha una (o più d'una) cultura politica di riferimento. Non vedo come sia possibile integrarle, se non - come, di fatto, spesso accade - sacrificando la coerenza intellettuale alle logiche tattiche della politica spicciola. A mio parere, oggi la politica non é un veicolo di idee, ma il cimitero di qualunque progetto organico di società o di civiltà. Oc corre prenderne atto e concentrarsi nell'azione meta politica: quella cioé che semina suggestioni neil'immaginario collettivo passando attraverso i mezzi di informazione e di comunicazione sociale. Per chi ha a cuore i valori e non i posti di potere, questa é l'unica via di espressione accettabile. Politica e idee hanno ormai divorziato.

Fabio Torriero, nel suo ultimo saggio " Oltre il Polo ", suggerisce un'ipotesi di lavoro per il Centro-destra: un partito conservatore. Ovvero una " Alleanza Italia ", un polo di Valori, capace di federare e superare la tradizione liberale, quella cattolica e quella post-missina. La storia italiana, in effetti, dimostra come le varie anime del Polo presentano numerosi punti in comune. Per di più, oggi, in Italia, manca un vero e proprio partito conservatore. Cosa pensa di questa prospettiva?

Se devo rispondere sulla base dei miei riferimenti di valore, le devo dire che questa prospettiva accrescerebbe ulteriormente il mio già notevole distacco dal centro-destra. Non sono mai stato, e non mi sono mai sentito, un conservatore: le mie radici affondano in progetti di trasformazione radicale del mondo in cui mi sono trovato a vivere. Se devo parlare ispirandomi alle competenze professionali del politologo la .parola é brutta, ma questo faccio nella vita: studiare la politica... -, devo dire che il processo mi sembra lungo, faticoso e difficile. E sconta due difficoltà: il fatto che i punti di dissenso fra An, Fi, Ccd, Cdu, ecc. non sono meno numerosi di quelli di convergenza, da un lato; la frettolosità con cui si é realizzato il passaggio dal Msi ad Alleanza Nazionale, senza una rielaborazione della propria eredità ideologica che faccia capire come, e perchè, essa possa saldarsi con un qualsiasi progetto conservatore, dall'altro. Nel Msi, la nozione di conservatorismo non era davvero molto popolare...

Puntiamo la nostra attenzione al fenomeno Lega. Dal suo punto di vista, quale dovrebbe essere l'atteggia mento del Centro-destra nei confronti del Carroccio?

Per il centro-destra, la Lega é un pericoloso concorrente, che presenta elementi di debolezza - l'ostilità allo Stato e alla nazione italiana, l'impossibilità di valicare i confini della "Padania" - e di forza l'atteggiamento antisistemico, i forti toni di denuncia, il linguaggio ruspante, la capacità di immaginazione del suo leader. vero che gli elettori (e i militanti) leghisti condividono molti valori e punti di vista collegabili alla destra (molti di più, in ogni caso, di quelli che caratterizzavano in passato il Msi), ma quella della Lega é una "destra" populista e di protesta, che non può schierarsi a fianco della "destra" borghese e integrata di Berlusconi o di quella "statalista" di Fini. Schematizzando anche in questo caso: il carroccio é più simile al Front National di Le Pen che al Rpr gollista o all'Udf giscardiana; e, come é noto, in Francia fra il Fn e i due partiti del centrodestra non corre certo buon sangue. Essendo improbabili accordi diretti destinati a durare, al Polo non resta che scegliere fra due strade: cavalcare i motivi di scontento che assicurano il consenso di Bossi, abbandonando i modi e i toni soft imposti dallo stile "blazer-e-telefonino" di Forza Italia, oppure polemizzare duramente con la Lega, toccando le corde del patriottismo. Non si può giurare che l'uno o l'altro atteggiamento siano destinati al successo; ma certo farebbero meno danni dell'attuale oscillazione fra piazzate e strizzatine d'occhio verso i leghisti, "buoni" quando potrebbero servire da alleati contro l'Ulivo, "cattivi" se parlano di secessione.

In merito alla "questione nazionale", Marcello Veneziani ha dichiarato al nostro giornale che " il principio fondamentale non é quello di difendere l'Unità nazionale da una secessione che verrà, ma quello di rifare l'Unità d'Italia, perchè la secessione é già avvenuta ". Concorda? Qual é, allora, la ricetta per riaccendere la sensibilità nazionale? Che senso ha " rifare l'Unità d'Italia " quando il nostro futuro é legato alla dimensione del grande spazio continentale europeo?

Occorre superare vecchie diatribe e darsi da fare perchè si diffonda un sentimento di appartenenza all'Europa intesa come un soggetto di civiltà, un referente di identità alternativo ad ogni tentazione omogeneizzante e cosmopolità e non come un semplice luogo di incontro di interessi economici. Non riesco a leggere l'intestardimento "della destra ad enfatizzare" la sensibilità nazionale se non come un grave ritardo psicologico e culturale.Il giovane per indole cerca il "nuovo": in questo momento storico, in ltalia, siamo in "perenne stato di transizione ". I giochini di palazzo sono sempre quelli... C'é il rischio di una secessione delle nuove ge- nerazioni dall'impegno civile. Che consiglio dà ai giovani e, soprattutto, a quelli che si impegnano? Riuscire a coniugare convinzioni forti e capacità critica. So per esperienza personale che é difficile, ma bisogna provarci. Non c'é niente di peggio del filtrare il rapporto con il mondo esterno attraverso la lente deformante dello spirito di parte, che induce all'auto compiacimento e alla pigrizia mentale. E poi, non perdere la speranza che il futuro possa riservarci scenari migliori di quelli in mezzo ai quali siamo costretti a aggirarci. Per costruire qualcosa di davvero nuovo, occorre però far piazza pulita di schemi mentali, abitudini, atteggiamenti ereditati dal passato.

Occorre evolvere; che é cosa diversa sia dall'abiurare che dal riverniciarsi...

[intervista di Stefano Ardino]

 





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Data pubblicazione: 18 luglio 2007

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