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Puritani d'oriente?

  "puritani" d'oriente?  Un'altra grande differenza con l'Occidente è la quasi inesistenza nel pensiero asiatico di un elemento dionisiaco, forse perché l'accento posto ...

 "puritani" d'oriente?

Un'altra grande differenza con l'Occidente è la quasi inesistenza nel pensiero asiatico di un elemento dionisiaco, forse perché l'accento posto sull'autocontroilo ne impedisce l'emersione. Nel contempo si possono osservare un innegabile culto del benessere materiale e una mentalità pratica impregnata di utilitarismo, che va di pari passo con l'importanza assegnata all'educazionel e all'accanimento nel lavoro. I cinesi, soprattutto, sono per eccellenza pragmatici razionali. Eppure sbaglierebbe chi in loro vedesse dei "puritani dell'Estremo Oriente": Max Weber ha acutamente mostrato la profonda differenza esistente tra il protestantesimo calvinista, fondato su una - tensione violenta e patetica con il mondo ", e il confucianesimo, che si sforza viceversa di ridurre " al minimo assoluto la tensione con il mondo, sia la svalutazione della religione sia il rifiuto pratico di essa ".

L'individualismo e il nazionalismo hanno svolto in Occidente un ruolo essenziale nell'emersione della modernità. -La duplice polarizzazione attorno all'individuo e allo Stato nazionale si è tradotta nell'indebolimento delle strutture intermedie e dei valori olistici su cui esse si fondavano; il che ha permesso l'unificazione del diritto. In Giappone, la modernizzazione si è invece svolta in un contesto olista, segnato dalla preponderanza dei gruppi intermedi e dalla loro riproduzione o sopravvivenza nelle organizzazioni moderne. Questo processo è stato reso possibile dall'omologia del gruppo primario (ié) della famiglia. Mentre in Occidente la famiglia è caratterizzata da una dominante coniugale-egualitaria (preminenza della relazione marito-moglie), la famiglia giapponese è infatti contraddistinta da una dominante parentale-gerarchica (preminenza della relazione genitori-figli) che ritroviamo a tutti i livelli della società. La debole autonomia dell'io in rapporto alla famiglia e poi al gruppo, i cui membri sono legati da obblighi reciproci, ha consentito a questa organizzazione di tipo di conservarsi, e questo mantenimento è stato il vettore della modernizzazione".

La Cina, dal canto suo, non ha elaborato nel corso della sua storia istituzioni fondate sui diritto, né praticato la distinzione occidentale tra spazio pubblico e spazio privato. Quando è stato necessario tradurre in cinese la parola " diritto ", si è fatto ricorso al termine quan, che significa " potere " o " bilancia -. Il concetto di " diritti dell'uomo " si trova pertanto ad essere svuotato di significato: in Cina, il figlio ha prima di tutto "diritto" a che il padre assolva nei suoi confronti ai doveri afferenti al suo ruolo di padre.

Il culto della solidarietà e degli obblighi reciproci, praticato in Asia dal basso all'alto della scala sociale, porta a una molteplicità di alleanze di reciproco giovamento. In Cina, l'eccezionale espansione del gruppo etnico han, al quale appartengono oltre il 90% degli abitanti, si fonda sin dai tempi antichi su una politica familiare estensiva, associata al culto degli antenati. Confucio precisa che l'uomo deve dar prova nei confronti del sovrano della stessa pietà filiale che il figlio deve ai genitori. In Giappone, dove la solidarietà familiare non si basa esclusivamente sui legami di sangue (l'adozione è una pratica corrente, e ogni

 

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persona adottata è parte integrante della famiglia), la famiglia è molto meno estesa che in Cina - dove si confonde praticamente con il clan -, ma la simbologia della parentela è estremamente, forte e, travalicando il contesto familiare, si estende sino all'imperatore.

l'Occidente ha sviluppato il mito dell'azione volontaria svolta da un individuo autonomo, che decide di intervenire puntualmente sul mondo in funzione di uno scopo che si è fissato all'inizio come ideale.

Questo mito deriva dal modello demiurgico di un Dio creatore ed introduce tra l'uomo e il mondo una cesura irriducibile, che trasforma il secondo in puro oggetto del primo. A questo modello dell'azione localizzata, che respinge reputandolo illusorio, la Cina ne contrappone un altro, fondato sul concetto di una trasformazione che avviene in ogni ambito e in modo continuativo.

Il non-agire allora non è più un rifiuto dell'azione in senso stretto, ma anzi la fonte di una maggiore efficienza, che consiste nel lasciarsi trasportare dalla realtà per farla evolvere senza spezzarne l'armonia. Sia il saggio che lo stratega non "agiscono", ma trasformano. Cercano di individuare quale sia la logica operante in una determinata situazione e quali siano i fattori favorevoli che vi si trovano, per appoggiarvici. Un principio strategico di base è che " le truppe vittoriose sono quelle che accettano il combattimento solo quando lo hanno vinto ". Un altro principio vuole che " il buon stratega ottenga solo vittorie facili ", o ancora che " lo stratega si aspetti il successo non dai suoi uomini ma dal potenziale della situazione -. Ciò significa che il grande stratega è quello che si rivela capace di influire sul corso delle cose in maniera tale che il suo avversario non abbia più nessun'altra possibilità se non riconoscere la sconfitta o accettare la scelta che gli viene proposta.

Al modello occidentale dello scontro frontale e della battaglia secondo un piano preordinato, nella quale la vittoria normalmente tocca al più forte ma che è per natura aleatoria e distruttiva, l'Asia contrappone quindi un modello strategico fondato sullo scansamento e l'aggiramento. Questo modello si basa su rapporti di sbieco che mirano a creare smarrimento nel nemico piuttosto che a distruggerlo. L'obiettivo è " basarsi sui fattori portanti della situazione antagonista per far valutare il rapporto di forza, in modo tale che nel momento in cui egli affronta il nemico, questi sia già vinto





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Data pubblicazione: 18 luglio 2007

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