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Con il PdL An svolta a destra

 L'uscita dal tunnel del fascismo di cui avevo parlato nel 1981 aveva evidentemente almeno due sbocchi, come le uscite della metropolitana: una portava a ...

L'uscita dal tunnel del fascismo di cui avevo parlato nel 1981 aveva evidentemente almeno due sbocchi, come le uscite della metropolitana: una portava a destra, l'altra a sinistra. Detto in modo molto schematico, a me interessava quella che portava a sinistra, mentre invece oggi assistiamo a un'uscita verso destra. Politologo, professore all'Università di Firenze, tra i maggiori studiosi europei dei fenomeni populisti, Marco Tarchi è stato a lungo considerato l'esponente più noto della Nuova destra culturale nel nostro paese. È stato un dirigente dei giovani del Msi e ha partecipato da protagonista alla fase di innovazione che ha caratterizzato il neofascismo giovanile a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, anche attraverso La voce della fogna la rivista che ha fondato e diretto a Firenze. Ha lasciato la destra nazionale nel 1981, da dirigente del Fronte della Gioventù, dopo che Almirante gli preferì Gianfranco Fini, considerato più legato alla tradizione e alla continuità neofascista, alla guida dell'organizzazione giovanile del partito.

Come giudica a partire dalla sua storia personale, oltreché dalle analisi che ha compiuto in questi anni, l'ingresso di Alleanza nazionale nel Partito della LIbertà: un esito scontato o un colpo di scena per la vicenda politica e culturale che nasce nel 1946 con la fondazione del Msi?
È uno dei punti d'arrivo di uno dei percorsi possibili che esistevano già, forse non nell'Msi degli inizi ma certo in quel partito fin dagli anni Sessanta. Parlo delle posizioni espresse da quella parte del partito che faceva riferimento alla segreteria di Arturo Michelini e che puntava, certo in un contesto molto diverso da quello attuale, a dare rappresentanza a un certo tipo di valori, di aspettative e di interessi del ceto medio borghese che tra l'altro con l'andar del tempo si è ampliato ulteriormente nella società italiana. Quindi non considero una sorpresa assoluta il fatto che An sia finita lì. Semmai questo passaggio decreta la sconfitta definitiva delle altre possibilità di sviluppo, delle linee alternative, sia da destra che da sinistra, che erano anadte via via emergendo in seno al Msi e che qualche spazio limitato hanno avuto per qualche tempo anche all'interno di An.

Perciò, con la nascita del PdL si sancirebbe la sconfitta definitiva di quelle ipotesi innovative alimentate dalla “nuova destra” all'interno del Msi della fine degli anni Settanta? Eppure, in alcuni documenti del congresso di An che si apre oggi, si fa riferimento a temi come quelli dell'“identità” o della “comunità” che caratterizzarono proprio quella stagione. Come stanno dunque le cose?
Intanto un chiarimento, devo dire che personalmente nell'ultimo quindicennio non ho riconosciuto se non tracce del tutto superficiali di quella storia all'interno di An. L'uscita dal tunnel del fascismo di cui avevo parlato nel 1981 aveva evidentemente almeno due sbocchi, come le uscite della metropolitana: una portava a destra, l'altra a sinistra. Detto in modo molto schematico, a me interessava quella che portava a sinistra, mentre invece oggi assistiamo a un'uscita verso destra. “Comunità” e “identità” sono due termini che hanno sì un valore totemico in un certo tipo di mondo, ma che ormai sono sempre più autoreferenziali. Intanto ci si dovrebbe chiedere cosa significhi oggi “identità” in questo tipo di ambiente: se si tratta, come sovente è declinata, dell'identità nazionale, beh è una proposta che ritenevo superata già negli anni Ottanta - è di quel periodo una mia polemica dalle pagine di Diorama letterario contro il volume Le radici e il progetto. Idee per un movimento di indipendenza nazionale curato da Gianni Alemanno. E oggi mi sembra permanga una certa ambiguità quanto al rapprto con “il diverso” e “l'altro”. Quanto al “comunitarismo”, è sempre stato giocato in senso introflesso in An, in particolare dall'area della “destra sociale”, che sembra aver guardato soprattutto alla “comunità dei militanti” e a un certo mondo giovanile.

Umberto Croppi, assessore alla Cultura del Comune di Roma, che ha condiviso una parte del percorso della “nuova destra” missina di un tempo, spiega che lo “sfondamento a sinistra”, sognato dalla destra degli anni Settanta, è stato realizzato oggi da An ma non sui temi sociali ma su quello della sicurezza. Cosa ne pensa?
Quello indicato da Croppi è un risultato che aveva già raggiunto il Front National in Francia: la ex banlieue rouge ha espresso molti consensi per Le Pen proprio in base alla paura e a un riflesso di chiusura nei confronti degli immigrati. Ma cosa ha a che vedere tutto ciò con le ipotesi di “sfondamento a sinistra” di cui si parlava negli ambienti giovanili e rautiani del Msi di un tempo? Lì si trattava invece di scendere sul terreno del rapporto con la postmodernità, si ipotizzava di decostruire i termini abituali del conflitto destra/sinistra e di creare delle nuove sintesi... Mi sembra che tra gli esiti attuali di An e quello che, anche se in modi diversi gli uni dagli altri, dicevamo all'epoca, non ci sia alcun tipo di coerenza. Sono mondi completamente diversi.

In questo contesto che senso ha parlare di “destra sociale” all'interno del Partito della Libertà?
Mi sembra sia un pò difficile fare la “destra sociale” stando nel partito di Berlusconi, ma questi ultimi quindici anni ci hanno abituato un pò a tutto e quindi non è detto che non si trovino delle soluzioni innovative e integrative tra il modello di partito leggero rappresentato da Forza Italia e quello più radicato nel territorio proprio di An. Tra l'altro credo che il profilo di questa destra sia sempre stato un pò sopravvalutato o velleitario - più un'etichetta che qualcosa di sostanza - , nel senso che al di là della situazione romana che rappresenta una particolarità, gli elementi “sociali” mi sembrano essere stati piuttosto scarsi già dentro An. È più dalla crisi della sinistra e dalla sua capacità o meno di rappresentare alcuni settori della società, che non da una iniziativa autonoma della destra, che può venire oggi lo spostamento o meno verso il PdL di parte dei ceti tradizionalmente legati alle sinistre.

[Intervista tratta dal quotidiano Liberazione del 21 marzo 2009]





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Data pubblicazione: 23 marzo 2009

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